Presentazione
Prato, lo ammetto, la conosceva per sentito dire. Il sentito dire riguardava più o meno le notizie dei telegiornali sulle vicende di aziende tessili e sull’avvicendamento dell’immigrazione cinese.
A Prato, l’11 il 12 e il 13 settembre, ci sono stata per lavoro: sono arrivata da giornalista, in visita in un’azienda all’avanguardia nel campo delle attrezzature per pizzeria, sono rientrata come turista felice. Perchè? Ve lo racconto subito, dal prossimo capoverso.
Per giungere a Prato ho preso, come di consueto, il treno, e per un’ora ho potuto ammirare, fra una galleria e l’altra, l’appenino tosco emiliano, verdeggiante e placido, un appenino che, cosa che m’ha incantato, è la cosa più scenografica di Prato.
Infatti, sembra che le basse montagne circondino la città silenziosa come custodi, dando, ovunque, un colpo d’occhio molto bello. La gentilezza della gente incontrata è stata inaspettata e bella: dal barista al negoziante di abiti, passando per il passante (scusate il gioco di parole) che ci ha consigliato la sua osteria preferita, nella quale siamo andati a suo nome.
Qui abbiamo gustato un dolce davvero buono, tipico del mese di settembre, il pan di uva. Non posso descrivervi il sapore, va gustato. Per me ha meritato un 10, mentre i Pici (spaghetti grossi freschi al ragù) mi han fatto sentire a a casa. Prato, con il suo castello e il suo Duomo, rimane in mente per il suo marmo verde che abbellisce diversi luoghi del centro storico: le chiese, il portale del Castello (con i suoi merletti pareva il tipico castello che si impara a disegnare da piccoli) .
La struttura del centro storico è quella della tipica città medioevale toscana. Si può visitare in un giorno e una capatina va assolutamente fatta. Anzi, oserei dire che si potrebbe usare Prato come punto strategico per poi visitare Firenze e Pistoia. Ultima nota, il museo del Tessuto che racconta un’antichissima tradizione che, speriamo, non si perda del tutto. Per gli amanti della bici, no problem, qui si va sempre sulle due ruote. Affidatevi pure ai consigli degli abitanti, saranno ottimi ciceroni.
Dall’APT
Duomo
La Cattedrale di Santo Stefano
L’opera di ampliamento e ristrutturazione della pieve (probabilmente già del V secolo), iniziata intorno alla metà del XII secolo, trasformò la modesta costruzione delle origini in una delle chiese romanico-gotiche più notevoli del territorio toscano.
Alla seconda metà del XII secolo risale anche il bel chiostro romanico parzialmente modificato nel XV secolo.
Il campanile, realizzato probabilmente su progetto di Guidetto da Como agli inizi del Duecento, fu completato con la cella a trifore nel 1356-57. Nel 1386, in contemporanea con la costruzione della cappella della Sacra Cintola, s’iniziò l’attuale facciata tardo-gotica di Lorenzo di Filippo, con basamento in alberese e parte superiore a fasce di alberese e serpentino verde alternate, completata però solamente alla metà del secolo successivo, periodo cui risalgono anche il grande portale, con la lunetta decorata da una terracotta invetriata di Andrea della Robbia, e il pulpito esterno di Donatello (l’originale del parapetto è attualmente conservato nel Museo dell’Opera del Duomo).
Nonostante i numerosi interventi succedutisi nei secoli l’edificio conserva una certa unità stilistica: all’interno si inserisce bene, nell’impianto a tre navate con terminazione absidata, suddivise da sei arcate per lato, che risale all’inizio del Duecento, il transetto (1317-1368) attribuito a Giovanni Pisano; mentre il pulpito a calice (XV secolo), di Mino da Fiesole e Antonio Rossellino, richiama quello di Donatello.
Tra le opere d’arte più belle e interessanti conservate nel Duomo figurano famosi cicli di affreschi: le Storie dei Santi Stefano e Giovanni Battista, (tra cui spicca Il Banchetto di Erode, con la Salomé danzante), eseguiti da Filippo Lippi e collaboratori (1452-65), che decorano la Cappella Maggiore; le Storie della Vergine e della Sacra Cintola (1392-95) di Agnolo Gaddi e bottega nella cappella della Sacra Cintola, e le Storie della Vergine e di Santo Stefano concordemente assegnate a Paolo Uccello (1397-1475), nella cappella dell’Assunta.
Da ricordare sono anche preziose opere scultoree come il Tabernacolo della Madonna dell’Ulivo, (1480) dei fratelli Giuliano, Giovanni e Benedetto da Maiano; la Madonna con Bambino di Giovanni Pisano, il bel crocifisso bronzeo sull’altare (1653) di Ferdinando Tacca.
L’interno del Duomo
All’interno predomina la consueta bicromia delle fasce di alberese e serpentino nelle colonne e nelle arcate; il pavimento del XVI secolo a esagoni e rombi, aggiunge al bianco e al verde, il rosso del marmo di Monsummano.
Il vasto luminoso spazio del transetto, coperto da cinque altissime volte a crociera con costoloni, riprende per la parte strutturale il motivo delle fasce bicrome, alleggerendo i quattro altissimi semipilastri ottogonali che sorreggono i grandi archi acuti posti a suddivisione delle volte delle cappelle absidali.
Terrazzo o pulpito interno
Il cosiddetto terrazzo o pulpito interno realizzato su progetto di Maso di Bartolomeo nel 1435-38, con parapetto ornato da rosoni in bronzo e dallo stemma di Prato, custodisce sul fondo un dipinto raffigurante l’Assunta che dà la Cintola a San Tommaso eseguita da Ridolfo Ghirlandaio.
Tabernacolo della Madonna dell’Ulivo
Al di sopra del basamento ornato dal rilievo della Pietà, poggia la Madonna con Bambino in terracotta, opera di Benedetto da Maiano.
In foto: Duomo Scorcio Centro storico, Pazzo del Comune