Presentazione
All’interno dell’area sono infatti comprese una Riserva naturale Statale, un’area Wilderness, due Siti di Importanza Comunitaria ai sensi della Direttiva 92/43/CEE (Direttiva “Habitat”), ed una Zona di Protezione Speciale, in via di approvazione, ai sensi della Direttiva 79/409/CEE (Direttiva “Uccelli”).
Il paesaggio che oggi osserviamo al Vesuvio è il risultato di grandi sconvolgimenti geologici che hanno interessato la Piana Campana a partire da alcuni milioni di anni fa. Tra gli effetti di questi eventi geologici c’è la nascita del vulcano, che si fa risalire a circa 400.000 anni fa. La posizione geografica del Vesuvio, le terre fertili arricchite dai minerali contenuti nelle lave, insieme allo splendore dei loghi hanno determinato la colonizzazione di quest’area già a partire da alcuni secoli dopo la nascita di Cristo. In quest’epoca furono i Greci e poi i Romani a stabilire le prime colonie alle falde del Vesuvio. Queste colonie conosceranno periodi di decremento ed incremento demografico, sia in conseguenza delle fasi di attività e di quiescenza del vulcano che degli eventi storici e sociali. Le colonie romane stabilitesi tra Pompei, Ercolano, Stabia ed Oplonti saranno costrette ad abbandonare il Vesuvio in seguito alla catastrofica eruzione del 79 d.C. A questa seguirà nel 472 d.C. un’altra eruzione esplosiva di grande energia. Il vulcano rimarrà poco abitato almeno fino ad alcune centinaia di anni dopo l’evento del 472. Tra il 1631 ed il 1944 le abitazioni alle falde del vulcano rimangono sempre a debita distanza dal cratere, grazie all’attività persistente che il vulcano mostrava in quest’ arco di tempo. Dal dopoguerra inizia una rapida crescita demografica alle falde del vulcano, specie in conseguenza dell’espansione della città di Napoli verso oriente. Il silenzio che il vulcano mostrerà dal 1944 servirà ulteriormente ad incrementare, a partire dagli anni cinquanta, la cementificazione in tutta l’area vesuviana.
In questo contesto nasce, nel 1995, il Parco nazionale del Vesuvio, che si inserisce in un momento storico fondamentale per le questioni legate alla gestione di uno dei territori a più alto rischio vulcanico della Terra.
Il Complesso Vulcanico Somma-Vesuvio: la storia, le eruzioni, la geologia
Il paesaggio che oggi osserviamo al Vesuvio è il risultato di grandi sconvolgimenti geologici che hanno interessato la Piana Campana a partire da alcuni milioni di anni fa. Tra gli effetti di questi eventi geologici c’è la nascita del vulcano, che si fa risalire a circa 400.000 anni fa. La posizione geografica del Vesuvio, le terre fertili arricchite dai minerali contenuti nelle lave, insieme allo splendore dei loghi hanno determinato la colonizzazione di quest’area già a partire da ,alcuni secoli dopo la nascita di Cristo. In quest’epoca furono i Greci e poi i Romani a stabilire le prime colonie alle falde del Vesuvio. Queste colonie conosceranno periodi di decremento ed incremento demografico, sia in conseguenza delle fasi di attività e di quiescenza del vulcano che degli eventi storici e sociali.
Le colonie romane stabilitesi tra Pompei, Ercolano, Stabia ed Oplonti saranno costrette ad abbandonare il Vesuvio in seguito alla catastrofica eruzione del 79 d.C. A questa seguirà nel 472 d.C. un’altra eruzione esplosiva di grande energia. Il vulcano rimarrà poco abitato almeno fino ad alcune centinaia di anni dopo l’evento del 472. Tra il 1631 ed il 1944 le abitazioni alle falde del vulcano rimangono sempre a debita distanza dal cratere, grazie all’attività persistente che il vulcano mostrava in quest’ arco di tempo. Dal dopoguerra inizia una rapida crescita demografica alle falde del vulcano, specie in conseguenza dell’espansione della città di Napoli verso oriente. Il silenzio che il vulcano mostrerà dal 1944 servirà ulteriormente ad incrementare, a partire dagli anni cinquanta, la cementificazione in tutta l’area vesuviana.
In questo contesto nasce, nel 1995, il Parco nazionale del Vesuvio, che si inserisce in un momento storico fondamentale per le questioni legate alla gestione di uno dei territori a più alto rischio vulcanico della Terra.
L’Ambiente e la biodiversità
Il Somma–Vesuvio è il complesso vulcanico ancora attivo più importante dell’Europa continentale.
Situato nella Piana Campana, è un tipico esempio di strato-vulcano a recinto, costituito da due strutture morfologicamente ben distinguibili: la caldera del Somma ed il Gran Cono del Vesuvio. La caldera del Somma, costituita dal monte omonimo, è di forma semicircolare, raggiunge la sua massima altezza con Punta Nasone (1132 m.s.l.m.), e rappresenta quello che resta dell’antico vulcano, la cui attività risale ad almeno 300.000 anni fa; una vasta depressione, la Valle del Gigante, suddivisa in Atrio del Cavallo e Valle dell’Inferno, rappresenta la parte interna residua dell’antica caldera; all’interno di quest’ultima si trova il più recente Gran Cono del Vesuvio (1281 m.s.l.m), più volte distrutto e ricostruito nel corso delle eruzioni antiche e recenti. Il recinto del Somma è ben conservato per tutta la sua parte settentrionale e il suo orlo craterico è un susseguirsi di cime dette cognoli.
Il complesso si è formato dall’alternanza di eruzioni effusive, caratterizzate dalla messa in posto di lave e prodotti di caduta, e di eruzioni esplosive a forte impatto distruttivo (Pliniane), con emissione di grossi volumi di ceneri, lapilli e scorie, ed in particolare di colate piroclastiche (nubi ardenti ad altissima densità e temperatura), surge e base-surge (nubi a prevalente composizione di vapor d’acqua), lahar (colate di fango), emesse anche da bocche laterali ed eccentriche.
Il versante vesuviano e quello sommano differiscono notevolmente dal punto di vista naturalistico, il primo è più arido, è stato in gran parte riforestato per impedire fenomeni franosi e presenta le caratteristiche successioni vegetazionali della macchia mediterranea; il versante del Somma, più umido, è caratterizzato dalla presenza di boschi misti.
La flora presente nel territorio della Riserva è comunque di tipo essenzialmente mediterraneo; da numerosi studi riportati in letteratura risulta che il complesso vulcanico è stato colonizzato da più di 900 specie, considerando quelle estinte e quelle la cui colonizzazione è recente.
Oggi molte delle specie presenti in passato non sono più state rinvenute; l’impoverimento del patrimonio floristico vesuviano va certamente ricondotto all’accentuarsi della antropizzazione, soprattutto negli ultimi decenni. Da studi recenti si è appurata la presenza attualmente di 610 entità, delle quali oltre il 40% è costituito da specie mediterranee, il 20% è rappresentato da specie cosmopolite, mentre sono poco rappresentate le specie endemiche, con solo 18 entità, probabilmente a causa delle numerose ricolonizzazioni che hanno seguito le cicliche manifestazioni eruttive del vulcano. Tra queste ultime, quella che può considerarsi veramente rara è la Silene giraldi, presente, oltre che sul Vesuvio, anche a Capri ed a Ischia; degna di nota è la ginestra dell’Etna (Genista aetnensis), un endemita etneo introdotto sul Vesuvio dopo l’eruzione del 1906, che in alcune zone,come nell’Atrio del Cavallo e nella Valle dell’Inferno, forma delle boscaglie impenetrabili.
Sui suoli lavici vesuviani si osserva la colonizzazione vegetale che parte ad opera dello Stereocaulon vesuvianum, un lichene coralliforme tipico di quest’area, dominante incontrastato soprattutto sulle colate laviche più recenti, dal tipico aspetto grigio e filamentoso. Il lichene ricopre interamente le lave vesuviane e le colora di grigio, facendo assumere alla lava riflessi argentati nelle notti di luna piena. Sulle colate più antiche allo Stereocaulon vesuvianum si affiancano le altre specie pioniere, tra cui la valeriana rossa (Centranthus ruber), l’elicriso (Helichrysum litoreum), l’artemisia (Artemisia campestris).
Le associazioni pioniere preparano il terreno per l’instaurarsi di estesi ginestreti, che imprimono un aspetto caratteristico ai versanti del Vesuvio, soprattutto in periodo primaverile durante le fioriture; sono presenti tre specie di ginestra: la ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius), la ginestra odorosa (Spartium junceum) e la già citata ginestra dell’Etna (Genista aetnensis).
Sul versante meridionale del vulcano, l’originale vegetazione mediterranea del Vesuvio è stata in buona parte sostituita dal pino domestico (Pinus pinea); a partire degli anni ’90 è iniziata un’opera di sfoltimento delle pinete per lasciare il posto alle essenze mediterranee della zona, e in particolare al leccio (Quercus ilex).
Tra lecci e pini, il rigoglioso sottobosco include il biancospino (Crataegus monogyna), la fusaggine (Euonymus europaeus) e lo smilace (Smilax aspera). La vegetazione mediterranea si compone di lentisco (Pistacia lentiscus), mirto (Myrtus communis), alloro (Laurus nobilis), fillirea (Philllirea latifolia), origano (Origanum vulgare) e rosmarino (Rosmarinus officinalis). Tra la primavera e l’state fioriscono, come già evidenziato, ben 23 specie di orchidee selvatiche; le più visibili sono la Orchis papillonacea e la Orphys sphegodes.
Le pendici settentrionali del monte Somma, che, come già detto, sono più umide, sono invece coperte da ampi castagneti fino a quota 900 mt; a quote superiori prevalgono, invece, i boschi misti di latifoglie, ricchi di sottobosco e costituiti, oltre che dal castagno (Castanea sativa), da roverella (Quercus pubescens), carpino nero (Ostrya carpinifolia), orniello (Fraxinus ornus), ontano napoletano (Alnus glutinosa), varie specie di acero (Acer spp.), e resi ancora più interessanti per la presenza di alcuni nuclei sparsi di betulla (Betula pendula), relitto di boschi mesofili presenti nell’area in passato; esemplari di betulla sono presenti anche nella Valle del Gigante. Dove l’umidità è maggiore, alle specie arboree citate si affiancano anche i pioppi (Populus spp.) e varie specie di salici (Salix spp.).
Il sottobosco è particolarmente ricco; tra le specie maggiormente diffuse citiamo il pungitopo (Ruscus aculeatus), lo smilace (Smilax aspera), il biancospino (Crataegus monogyna), il ligustro (Ligustrum vulgaris), e numerose famiglie di felci.
La caratterizzazione climatica, l’attività eruttiva, che a più riprese ha cancellato la vegetazione, ed il profondo rimaneggiamento dovuto alla costante presenza dell’uomo, sono alla base della coesistenza, in un territorio relativamente poco ampio, di così tanti ambienti, diversi fra loro ed in varie fasi di evoluzione.
Nonostante l’area del Parco sia completamente inserita in un contesto estremamente antropizzato, ed abbia assunto le caratteristiche tipiche di un’isola biogeografica, il suo popolamento faunistico è notevolmente interessante. Anche la fauna è stata protagonista, come le specie vegetali, di ripetute colonizzazioni a seguito delle cicliche eruzioni del Vesuvio, ma la vicinanza alla fascia costiera, il fatto di essere l’unico complesso montuoso situato al centro della pianura nolana, unitamente alle favorevoli condizioni climatiche ed alla grande diversità ambientale, hanno contribuito a consentire il mantenimento, in un territorio di modesta estensione, di una interessante comunità faunistica. Soprattutto le fasce ecotonali a confine tra i numerosi agrosistemi hanno creato le condizioni favorevoli all’instaurarsi di una comunità animale ricca e diversificata. Tra i vertebrati sono state recentemente accertate 2 specie di anfibi, 8 specie di rettili, 138 specie di uccelli, 29 specie di mammiferi, mentre tra gli invertebrati si contano 44 specie di lepidotteri diurni, 8 famiglie di apoidei e formicidi, tutte rappresentate da numerose specie, e molti altri taxa, in parte ancora da studiare e catalogare, in parte descritti in una recente pubblicazione sulla biodiversità del Parco del Vesuvio (Picariello, Di Fusco e Fraissinet, 2000).
Gli anfibi presenti sono il rospo smeraldino (Bufo viridis) e la rana verde (Rana esculenta); il primo è piuttosto diffuso nel territorio del Parco alle quote medio-basse, e per favorirne la riproduzione l’Ente ha predisposto la costruzione di stagni artificiali temporanei, la seconda è invece molto localizzata, laddove sono presenti pozze o vasche artificiali. Tra i rettili sono degni di nota il cervone (Elaphe quatorlineata) ed il saettone (Elaphe longissima), entrambi molto rari. Per quanto riguarda i mammiferi, sono da segnalare il ghiro (Glis glis), il topo quercino (Eliomys quercinus), il mustiolo (Suncus etruscus), la crocidura minore (Crocidura suaveolens), il topo selvatico (Apodemus sylvaticus) ed il moscardino (Muscardinus avellanarius), soprattutto negli ambienti boscati, oltre al riccio (Erinaceus europaeus), presente il tutto il territorio protetto. Due le specie di lagomorfi accertate: il coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus), protagonista di una notevole espansione demografica, e la lepre europea (Lepus europaeus), presente soprattutto alle quote medio-alte con una discreta densità di popolazione.
I predatori sono rappresentati dalla volpe (Vulpes vulpes), diffusa in tutti gli habitat del territorio vesuviano, compresi quelli densamente antropizzati, la faina (Martes foina), anch’essa presente in tutto il territorio, prediligendo però gli ambienti forestali, e la donnola (mustela nivalis), comune soprattutto nel versante sommano.
La classe degli uccelli rappresenta sicuramente il taxon più ricco del Parco nazionale del Vesuvio; a parte le specie nidificanti e svernanti, il complesso del Somma-Vesuvio, essendo posto lungo le rotte migratorie dell’avifauna del Paleartico occidentale, ed essendo l’unico rilievo montuoso isolato di una certa importanza in una vasta area pianeggiante, riveste una fondamentale importanza ed un sicuro riferimento per numerosi migratori che vi sostano durante i passi; tra questi vale la pena citare il falco di palude (Circus aeruginosus), il gruccione (Merops apiaster), l’averla capirossa (Lanius senator). Le specie nidificanti sono 62, un numero di tutto rispetto considerata la limitata estensione del territorio, costituito tra l’altro in gran parte di roccia lavica.
Tra le nidificazioni più interessanti si citano tre-quattro coppie di poiana (buteo buteo), una-due coppie di falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), due coppie di sparviere (Accipiter nisus), tornato a nidificare in seguito all’istituzione del Parco nazionale del Vesuvio, cinque coppie di gheppio (Falco tinnunculus) e due di pellegrino (Falco peregrinus).