Presentazione
Comprende inoltre il Lago di Massaciuccoli, le foci dei fiumi Serchio, Arno e Fiume Morto, la ex Tenuta Presidenziale diSan Rossore, le pinete del Tombolo, di Migliarino e della Macchia Lucchese, nonché la torre e le secche della Meloria. Nel 2005 è stato insignito del Diploma europeo delle aree protette. È un territorio ricchissimo e complesso quello racchiuso nel perimetro del Parco naturale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli: organizzato storicamente in “tenute”, ovvero porzioni di territorio con peculiarità naturali, storiche ed architettoniche diverse le une dalle altre, ma collegate in modo vitale al resto dell’area protetta e quindi parte di un “sistema” organico e di una visione unitaria di più ampio spettro, il Parco si estende infatti per oltre 23.000 ettari sul territorio di due province e cinque comuni, e comprende anche alcune riserve naturali e oasi la cui gestione è affidata ad alcune associazioni ambientaliste.
Verso la fine del XVII secolo le proprietà granducali avevano aumentato la loro estensione in misura tale da poter considerare la fascia costiera dal Serchio fino alla Maremma, un unico latifondo Mediceo.
Le proprietà granducali erano organizzate in Tenute e/o fattorie.
Le prime venivano governate da un ministro alle cui dipendenze lavorava un certo numero di provvisionati fissi cui si affiancavano operai assunti temporaneamente in caso di necessità straordinarie. All’interno del territorio delle tenute venivano svolte principalmente attività quali la produzione del legname, lo sfruttamento delle praterie per il pascolo di animali di proprietà (bovini, cavalli, suini a Migliarino) o importati da altre zone, la pesca e la caccia. Questo era il caso di San Rossore, Coltano e Castagnolo, di Migliarino – appartenente ai duchi Salviati, ma assimilabile alla tenuta granducale – e, in misura minore di Tombolo, dove la proprietà della Mensa Arcivescovile di Pisa assume nel tempo le caratteristiche di “manomorta”.
Le fattorie (Vecchiano, Casabianca, Collesalvetti), al contrario delle tenute, basavano la loro economia sul podere a conduzione mezzadrile. Questo tipo di organizzazione si sviluppa grazie ad un lento processo iniziato con l’investimento di abbondanti risorse nelle opere di bonifica (in particolare nelle zone del padule di Vecchiano, in quelle di Campalto e Barbaricina e nella pianura meridionale fra le colline livornesi e Stagno). I terreni, anche se parzialmente produttivi, venivano concessi a contadini residenti nei villaggi circostanti che si occupavano della coltivazione. Tramite questo processo si avvia quindi una pianificazione del territorio, sul modello delle aziende della Toscana centrale, basata su un’amministrazione centralizzata curata da un fattore e da una serie di divisioni territoriali – i poderi a conduzione mezzadrile – sui quali vengono costruite le case coloniche. L’introduzione della mezzadria, fino ad allora assente nel pisano, consente alla proprietà una progressiva diminuzione degli investimenti mediante un crescente sfruttamento della forza lavoro delle famiglie coloniche. Dopo la seconda metà del ‘770, sotto il governo di Pietro Leopoldo, le fattorie vengono livellate (divise in piccoli lotti ceduti a chi fosse disposto a coltivarli) o vendute. È questo il caso di Collesalvetti: diventata una delle maggiori fattorie della Toscana, subirà un processo di trasformazione innescata dall’allivellazione che porterà alla trasformazione delle originarie strutture produttive della fattoria (rete stradale, cascinali, centro direzionale) in vere e proprie Comunità autonome (Collesalvetti e Guasticce). La fattoria di Vecchiano sarà venduta al Salviati e Casa Bianca, anch’essa allivellata, perderà la propria identità a causa dell’espansione di Pisa nei terreni della stessa.
Per quanto riguarda le tenute, diversamente da quanto accade per le fattorie, non si assiste alla lottizzazione. Queste, saldamente in mano al granduca, acquisiscono un ruolo di svago e rappresentanza, in particolar modo sotto il governo di Leopoldo II, interessato alla creazione di ampie riserve di caccia. La fine della prima guerra mondiale segnerà il passaggio, storicamente negato e contrastato, da tenuta a fattoria con la cessione delle proprietà ai Savoia e la donazione della villa di Coltano all’Opera Combattenti, successivamente bonificata e suddivisa in poderi.
Le Tenute della Provincia di Lucca
Nella Repubblica Lucchese, rimasta indipendente dal ‘400, la situazione del territorio e della proprietà si presentava totalmente differente a quella pisana. Il territorio era suddiviso in due zone distinte:
Sei Miglia: rappresentate dalle regioni pianeggianti nei pressi della città, erano suddivise divise in numerosi poderi, per lo più appartenenti a nobili mercanti lucchesi, che venivano affittati a contadini.
Vicarie: comprendevano le zone collinari, montuose e costiere ed erano organizzate in piccole proprietà di privati (soprattutto nella fertile e ricca pianura di Camaiore) e terreni collettivi, in genere per lo sfruttamento comune di pascoli e castagneti. Contribuivano alla frammentazione proprietaria coltivazioni specifiche quale quella dell’olivo.
Nei primi dell’800 si formerà nelle macchia viareggina la Tenuta Borbone.
La ricostruzione storica del territorio del Parco, ottenuta tramite una lunga ricerca bibliografica affiancata all’analisi di una vastissima documentazione cartografica, è alla base dell’intelaiatura progettuale del Piano di Coordinamento Territoriale: la suddivisione del territorio in fattorie e tenute, ambiti territoriali storicamente delimitati, ha fornito le basi per definire i confini ed identificare le distinte zone in cui oggi è organizzato il Parco.
Habitat
La diversità biologica a livello di ecosistemi del parco è riassumibile nei seguenti numeri:
- 16: il numero delle Riserve naturali
- 4: i siti Natura 2000 di importanza Comunitaria
- 29: il numero di habitat di importanza conservazionistica comunitaria descritti dagli specialisti
- 6: il numero di habitat prioritari
Gli obiettivi e le misure di conservazione per habitat e specie sono fissati da una documentazione tecnica e legislativa regionale ed attuati con strumenti di pianificazione, di regolamentazione e con specifici progetti di conservazione attiva (vedi 1.4).
Dei circa 230 km2 del Parco regionale MSRM oltre 120 sono siti Natura 2000. Gli habitat di cui parliamo in questa sezione, sono le unità ambientali complesse, protette dalla Direttiva Habitat perché di importanza per la conservazione della natura a livello europeo. Solitamente gli habitat sono identificati da specialisti attraverso l’individuazione di associazioni caratteristiche di piante.