Presentazione
Prima di partire avevo (volutamente) poche informazioni e scarsa memoria della Georgia.
Solo qualche reminiscenza liceale legata alla spedizione degli Argonauti, il cui capo Giasone andò alla ricerca del vello d’oro nella Colchide, l’antico stato georgiano patria delle Amazzoni, che si affacciava sulla costa orientale del Mar Nero. Poi qualche ricordo storico-politico per via di Stalin, protagonista della rivoluzione bolscevica e nativo di Gori, paese non lontano dalla capitale Tbilisi. Infine per quei nomi che finiscono in -adze, come quello del famoso ministro degli esteri sovietico Eduard Shevardnadze, e dell’ex calciatore del Milan e oggi vicepremier Kakha K’aladze. Da ultimo i ricordi di immagini sbiadite e lontane, da TG3 notturno, per la “rivoluzione delle rose” e per l’occupazione russa delle regioni dell’Abcasia e dell’Ossezia del Sud.
Insomma ne sapevo ben poco, prima di partire, di questa piccola nazione (circa 5 milioni gli abitanti) collocata tra Europa e Asia, a sud della Russia, a nord di Armenia e Turchia, a ovest dell’Azerbaigian e a est del Mar Nero.
La Georgia, una nazione tra Europa e Asia
E, sinceramente, avevo poche aspettative. Ottima soluzione per chi vuole scoprire nuovi posti senza pregiudizi.
Mi sono bastate poche ore, le migliori, quelle dell’alba dopo un volo notturno, per capire che la Georgia è un posto tutto da scoprire, ricco di contraddizioni sociali, di una natura incontaminata, di paesaggi montani spettacolari, e di una enogastronomia del tutto inaspettata.
Ma andiamo per ordine, rispondendo, prima di tutto, alla domanda, che tutti, amici e familiari, mi han fatto prima di partire: “Ma che diavolo vai a fare in Georgia?”. Risposta semplice ma per molti ancor più sibillina: “Vado a giocare a backgammon!”.
Verso le terme di Stalin
Da circa una dozzina d’anni sto tentando, con una certa applicazione, di imparare a giocare a backgammon, uno dei giochi da tavolo più antichi al mondo. Si tratta di un gioco di origine persiana, ancor oggi popolarissimo nelle regioni mediorientali e dell’est europeo. Caso vuole che la Federazione Mondiale di Backgammon, il Georgian Backgammon Club e la Georgian National Tourism Administration (http://georgia.travel) abbiano avuto l’idea di organizzare il 1° torneo mondiale di backgammon per giornalisti. Un’idea che ha raccolto una cinquantina di reporter, cronisti sportivi, direttori di testate e blogger a Tskaltubo, un centro termale a pochi chilometri dalla seconda più grande città della Georgia, Kutaisi.
Per la cronaca dirò subito, ai pochi appassionati italiani del gioco (che in Georgia si chiama Nardi) , che il torneo è stato vinto da un americano e che il sottoscritto non ha ben figurato, pur avendo superato alcuni discreti giocatori armeni e georgiani.
Le delusioni al gioco sono state però ampiamente compensate dall’incontro con una comunità di personaggi a dir poco bizzarri per i nostri standard e dalla visita, per quanto compressa in meno di una settimana, di luoghi di straordinaria potenza naturalistica, spirituale e sociale.
Arrivati da paesi diversi, quasi tutti atterrando all’aeroporto internazionale di Tbilisi, giornalisti americani, italiani, tedeschi, finlandesi, armeni, russi, ucraini, e naturalmente georgiani, ci siamo ritrovati, a metà strada tra Tbilisi e Kutaisi, in una basica locanda sul fiume per una colazione che ha subito mostrato la qualità della gastronomia locale con al centro il più tipico dei piatti, il Khachapuri, un pane-pizza al formaggio cucinato in svariati modi a seconda della regione in cui ci si trova.
Tskaltubo
Dopo circa due ore di viaggio (le strade in Georgia credo siano l’infrastruttura meglio sviluppata e manutenuta) arriviamo nell’albergo che sarà sede del torneo e base per tutte le successive escursioni: lo Tskaltubo Hotel Plaza http://www.tskaltuboplaza.ge/: un confortevole quattro stelle, il migliore e moderno della zona, con l’unico difetto di voler esser pretenziosamente internazionale, ad es. offrendo una cucina per nulla locale.
Della Georgia ho visto solo la regione di Imereti e un po’ della capitale, ma credo di non sbagliarmi nel dire che Tskaltubo e dintorni ben rappresentano le contraddizioni di una nazione che vuol velocemente dimenticare il passato sovietico, risolvere le dispute territoriali con la Russia e proiettarsi verso l’Europa.
Le strade e qualche albergo di Tskaltubo sono tutte di recente costruzione perché il governo vuol fare del turismo la prima industria del paese e Taskaltubo, con le sue fonti di acqua terapeutica, le numerose spa, al centro di una vallata dominata dalle montagne del Caucaso, può essere uno dei centri di questa rinascita. Certo la strada è stata avviata ma è ancora lunga.
Gli alberghi pronti ad accogliere una clientela “occidentale” sono ancora pochi e le vestigia del vecchio centro termale sovietico, regolarmente frequentato all’epoca da oltre 125.000 turisti all’anno, son ben visibili nelle spa abbandonate, e nella grandiosità di vecchi alberghi come l’Hotel Metallurg.
Ma è proprio questo il fascino del piccolo centro che ora riesce ad attrarre solo qualche migliaia di turisti l’anno mentre ospita, dall’epoca dell’occupazione russa dell’Abbazia, decine di migliaia di profughi. Di questa realtà si ha chiara evidenza andando al mercato locale, dove ho incontrato pochi giovani, molti vecchi venditori di poche mercanzie, qualche ortaggio, poche arance, molte mele e patate, in un contesto di povertà evidente, e di assenza di servizi sociali di base.
Eppure in questa cittadina che vuole essere una delle tante ripartenze di questo paese, ho anche assistito ad una partita di pallacanestro di buon livello e ad un torneo di judo giovanile in un impianto sportivo di eccellenza (migliore di tanti palazzetti dello sport italiani), a dimostrazione dell’importanza dell’educazione fisica e dello sport in Georgia.
Da Tsakaltubo, guidati dai gentili impiegati del Georgian National Tourism Administration, abbiamo poi visitato alcune dei luoghi turistici della zona, tra cui tre dei quattro siti Unesco georgiani.
Le grotte di Prometeo
Con il pulmino a noi dedicato, certo più comodo degli sgangherati minibus del trasporto pubblico locale (chiamati marshrutka) arriviamo tra colline con vigneti e magre vacche al pascolo, alle grotte di Prometeo. Il nome deriva dalla leggenda secondo cui qui, all’ombra della montagna di Khvalmi, venne incatenato Prometeo, il titano della mitologia greca che rubò il fuoco agli dei per darlo agli uomini. Le grotte sono un susseguirsi di ambienti ricchi di stalagtiti, stalagmiti, laghetti, fiumi sotterranei, formazioni calcaree a cascata e formazioni rocciose antropomorfe. Discutibile il modo con cui le grotte si presentano al turista in un tour “sons et lumière” sotterraneo di oltre un chilometro, il cui ultimo tratto di circa 300 metri si può fare anche in barca. Discutibile ma sicuramente suggestivo.
La cattedrale di Bagrati
Dopo aver speso qualche minuto tra le fortunatamente poche e sguarnite bancarelle di souvenirs, ci dirigiamo verso Kutaisi per salire alla cattedrale di Bagrati. L’edificio si trova in collina e il panorama sulla città e le montagne merita di per sè la visita. La cattedrale è uno dei luoghi sacri della Georgia, come ho potuto constatare facilmente dalla devozione mostrata dai giornalisti georgiani che ci accompagnavano. Peccato che dell’architettura medievale rimane ben poco e i lavori di restauro conclusi nel 2012 hanno previsto un intervento, per usare un eufemismo, ben poco filologico.
Il monastero di Gelati
Diversa l’esperienza al monastero di Gelati (si pronuncia Ghelati). Qui l’atmosfera dell’accademia medioevale voluta da re Davide II è ancora percepibile. Qui lavorarono i maggiori teologi e filosofi del tempo, e il monastero era in grado di attrarre scienziati di tutti i paesi vicini alla Georgia. Il luogo è ben conservato e gli affreschi (di età compresa tra il XII e XVII secolo) mozzafiato.
In questo luogo di importanza storico-artistica mondiale si percepisce anche la situazione dell’industria turistica georgiana: seppur in un periodo di non alta stagione (che va da maggio a settembre) abbiamo incontrato solo qualche pellegrino georgiano e due coraggiosi turisti romani arrivati in Georgia in macchina attraversando la Turchia. Un luogo, Gelati, che per la sua bellezza, in qualsiasi altro paese europeo sarebbe affollato di turisti in tutte le stagioni. Ma, vien da dire, meglio così. Il suo fascino e la sua arcaica atmosfera di autentica spiritualità e di rara bellezza.meglio si conservano senza la folla di turisti in infradito.
Kutaisi
In compagnia di una giornalista italiana, decido di non tornare alla base di Tskaltubo e di girovagare per la seconda più grande città della Georgia. Così, tanto per aver un’idea della realtà locale.
Della capitale dell’antica Colchide è rimasto ben poco, e fortunatamente anche del periodo in cui era considerata il centro della mafia georgiana, mentre molto è rimasto dell’eredità sovietica. Grigi casermoni costellano, in un contesto urbanistico poco comprensibile, le zone attorno al centro che al contrario mostrano importanti segnali di una rinascita, in particolare nelle zone vicine al bel teatro dell’Opera. Lontano dal centro merita una visita il nuovo Parlamento: un tentativo interessante ma poco riuscito di portare una ventata di architettura contemporanea (l’opera è dell’architetto spagnolo Alberto Domingo Cabo) nella desolazione delle abitazioni popolari di epoca comunista.
La chiesa di Motsameta
Prima di tornare nella ridente cittadina termale dove nel frattempo continuava il torneo di Nardi, facciamo una breve sosta a Motsameta, un monastero ancor più tranquillo e più piccolo di quello di Gelati. Qui siamo veramente da soli, a parte qualche monaco, e il monastero è tra i più spettacolari tra quelli visti non tanto per le opere presenti (pochi gli affreschi ben conservati) ma per il luogo. Il monastero è infatti costruito su uno sperone roccioso che si affaccia su un canyon da vertigini, all’orizzone il Caucaso innevato.
Visita alla winery
Il giorno prima della partenza per la capitale, concluse le premiazioni del torneo, la serata folcloristica, gli infiniti brindisi di georgiani, russi e ucraini ( nel tentativo -non sempre riuscito- di stemperare una distanza politica che vede i loro governi contrapposti a causa di guerre non solo recenti) gli addetti dell’ente del turismo ci precettano (letteralmente) per una visita alle cantine Khareba (http://www.winery-khareba.com/en). Un luogo certo poco agreste e lontano dall’immaginario comune della produzione vinicola, ma che ben fa comprendere qualità e quantità della produzione enologica locale. La vite Saperavi è usata per la produzione di un vino rosso di ottima qualità, che ha radici millenarie.
Secondo studi recenti gli antichi abitanti dell’attuale Georgia sarebbero stati i primi vignaioli al mondo.
Lo stesso vino sembra esser stato prodotto per la prima volta, tra l’altro in modo accidentale, proprio nel Caucaso circa 10.000 anni fa.
Le cantine Khareba producono circa 5 milioni di bottiglie l’anno.
La filiera produttiva è di alto livello. La tecnologia usata, georgiana e italiana.
Le cantine Khareba
Mtskheta
Prima dell’ultima serata nella capitale è d’obbligo una lunga sosta a Mtskheta.
Dal 1994 nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’Unesco, è una delle più antiche città della Georgia. Purtroppo a causa di cattiva manutenzione è stata successivamente inserita nella lista Unesco dei patrimoni in pericolo, ma conserva ancora tutto il suo fascino in particolare nella cattedrale di Svetitskhoveli. Forse ancor più che a Bagrati abbiamo potuto vedere quale sia il livello di devozione religiosa dei georgiani, un popolo di grande ospitalità a cui ben si applicherebbe il titolo di un noto film (Eat, Pray, Love) per ricordare la loro religiosità, cultura del cibo e una passione verso gli altri e il loro paese.
Tbilisi
La settimana di backgammon e turismo si è ormai conclusa e con un piccolo gruppo di giornalisti ucraini e russi (magicamente insieme dopo una discussione che stava per finire in rissa) mi incammino per le strade del centro della capitale. Vorrei aver più tempo per visitare un posto che ha visto passare greci, romani, ottomani, mongoli e persiani. Dove in una piccola area del centro si possono visitare, a breve distanza, una moschea, una sinagoga, una chiesa ortodossa armena e georgiana. Ma la settimana è passata e devo accontentarmi di una veloce passeggiata per il centro e una camminata sul Ponte della Pace, voluto dal presidente della rinascita georgiana Saakachvili e progettato dall’architetto italiano Michele De Lucchi.
Georgitaliani
A notte inoltrata, dopo l’ennesima ricca cena, insieme al giornalista dell’Unione Sarda, ci dirigiamo verso l’aeroporto dove un aereo della Turkish Airlines ci aspetta per riportarci in Italia via Istanbul. Il giorno prima a Tblisi il concerto di Eros Ramazzotti era andato esaurito e ora, sulla strada del ritorno, l’amore dei georgiani verso l’Italia è suggellato dal taxista che, senza dire una parola nella mezz’ora di viaggio tra il centro della capitale e l’aeroporto, ci mette a tutto volume un grande classico del pop italiano, Sarà perché ti amo.
La voglia di cambiamento e le aspirazioni europeiste dei georgiani passano anche dai Ricchi e Poveri.
Georgia in estrema sintesi
Per un italiano il viaggio in Georgia è semplice e sicuro.
I georgiani amano gli italiani: questo è un fattore molto importante in un paese dove pochi parlano inglese e l’alfabeto non è latino, credetemi.
In Georgia il cibo è squisito e il vino eccellente.
Non ci vuole alcun visto e nessuna formalità per un italiano che vuole visitare la Georgia.
Il costo della vita è molto basso e il viaggio per arrivarci economico.
Da settembre voli diretti Milano-Kutaisi con Wizz Air e per chi vuole un volo di linea prezzi abbordabili con Turkish via Istambul o Aegean via Atene.
Esiste, a mia conoscenza, una sola guida in italiano interamente dedicata alla Georgia: Georgia. Viaggio nel cuore del Caucaso di Maura Morandi. Per chi legge in inglese consiglio invece Georgia di Tim Burford