Presentazione
21 specie di mammiferi censiti tra le quali dominano cervi, caprioli, camosci e marmotte. 70 specie di uccelli nidificanti tra cui galli forcelli e coturnici. Particolarmente nutrite sono le colonie di cervi e caprioli.
Si estende sulla destra della Val di Susa (Alpi Cozie Settentrionali), dai 1000 metri slm ai 2600 dello spartiacque. E’ stato istituito nel 1980 principalmente per proteggere la rigogliosa vegetazione ed in particolare le pregiate abetine e gli estesi larici-cembreti. E’ occupato per il 70% da boschi, e per il rimanente 30% da pascoli e praterie di alta quota. Le oltre 600 specie vegetali censite creano una varietà di ambienti con una fauna anch’essa particolarmente ricca di circa 70 specie di uccelli nidificanti e 21 specie di mammiferi, tra le quali dominano cervi, caprioli e camosci. Da sempre l’Ente Parco coniuga la tutela dell’ambiente con la conservazione e la valorizzazione della cultura materiale ed immateriale della propria comunità e dal 1996 gestisce l’Ecomuseo Colombano Romean lavoro e tradizione in Alta Valle di Susa.
L’Area Protetta
Si estende sulla destra della Val di Susa (Alpi Cozie Settentrionali), dai 1000 metri slm ai 2600 dello spartiacque.
Il principale motivo di istituzione del Parco, risiede nel particolare valore naturalistico del Gran Bosco vero e proprio: 700 ettari di foresta mista di abete bianco e abete rosso, unica nel panorama della vegetazione piemontese. I boschi sono di rilevante valore biologico e comprendono, in condizioni qualitative notevoli, tutte le conifere di pregio dell’ambiente alpino. Per i requisiti qualitativi non comuni, parte del territorio è iscritto nel Libro Nazionale dei boschi da seme per ben tre specie arboree: Abies alba, Picca excelsa e Pinus cembra.
Gran parte dell’interesse aveva in passato motivazioni di tipo economico: queste abetine fornivano infatti già nel 1700 il legname per le grandi travature a vena dritta impiegato nelle grandi opere di ingegneria militare e civile, quali l’Arsenale di Torino, la Basilica di Superga e il Castello della Venaria Reale.
Attualmente la specificità di questa foresta è legata alla cospicua presenza dell’abete rosso, raro nelle Alpi Occidentali, causa il clima continentale ad aridità estiva; è quindi probabile che la sua diffusione nel Gran Bosco abbia due cause principali: un microclima particolare, con ristagno di umidità atmosferica, e l’esistenza di un ecotipo resistente all’aridità estiva. Per queste ragioni, unite al vigore vegetativo e alla buona conformazione dei fusti, i popolamenti in questione (unitamente al Larice e al Pino cembro) sono stati inseriti nel Libro nazionale dei boschi da seme, e destinati a fornire materiale di propagazione utilizzato poi in rimboschimenti su tutto il resto delle Alpi.
La Fauna
La grande varietà di ambienti e di specie floristiche, costituisce un habitat ideale per una fauna altrettanto ricca. La sola avifauna conta una ottantina di specie nidificanti, con una alta percentuale di quella propriamente alpina. Troviamo quindi numerosi rapaci, tra i quali l’Astore, lo Sparviere, la Poiana e il Gheppio, mentre una coppia di Aquila Reale è regolarmente nidificante. Tra i rapaci notturni, oltre all’Allocco, presente alle quote più basse, sarà possibile udire il canto del Gufo Reale e, associata alle foreste di abete, della Civetta Capogrosso che utilizza per la sua nidificazione le cavità scavate dal Picchio Nero, il più grande picide europeo.
Nidificano nel Parco due tetraonidi, la Pernice Bianca e il Gallo Forcello, che, insieme alla Coturnice, sono simbolo dell’avifauna alpina; da segnalare la presenza della Nocciolaia, strettamente associata sulle Alpi alla presenza del pino cembro, dei cui pinoli si nutre.
Tra i mammiferi sono da ricordare le lepri (comune e alpina), gli scoiattoli, le marmotte e molti altri piccoli roditori; la volpe e i mustelidi (ermellino, donnola, martora, faina e tasso).
Importante è la presenza di quattro specie di ungulati: il Camoscio, da sempre presente in zona; il cinghiale, la cui componente genetica originaria è ormai quasi scomparsa a causa di ibridazioni ed incroci; il cervo e il capriolo, introdotti nei primi anni ’60 dall’Amministrazione Provinciale della Caccia e che, in assenza di predatori naturali, hanno avuto una vera e propria esplosione demografica, causando notevoli danni alle foreste dell’intera Alta Valle di Susa.
Programmi di riequilibrio faunistico consistenti in abbattimenti selettivi e catture per ripopolamenti di altri territori, sono stati e saranno utili per cercare di mantenere il giusto equilibrio tra presenza animale e forestale. Un nuovo ed insperato aiuto in tal senso è arrivato dalla ricomparsa del lupo, la cui presenza, accertata e continua a partire dal 1997, è oggetto di tutela e di studio.
La Flora
La grande varietà degli ambienti del Parco consente la presenza di oltre 600 specie vegetali, tra cui tutte le più importanti specie forestali del Piemonte.
Al confine con i prati del fondo valle, troviamo una certa diffusione di latifoglie, tra le quali frassini, betulle, aceri e ontani ed esigui popolamenti di faggio, nonchè la presenza di alcuni piccoli nuclei di tasso.
Come ci si innalza di quota, si entra nel regno delle conifere. Nelle zone più aride e più assolate, e sui suoli particolarmente superficiali e rocciosi incontreremo il pino silvestre, talvolta ricoperto da grossi cespugli di vischio. Tra i 1300 e i 1800 metri regnano incontrastati l’abete bianco e l’abete rosso che si diffondono fino al confine orientale del Parco. Verso il limite superiore dell’abetina troviamo una fascia di transizione in cui si aggiungono il larice e il pino cembro che prendono il sopravvento al di sopra dei 2000 metri di quota. Il cembro è presente anche in formazione pura, molto rara nelle Alpi Occidentali, con la bellissima cembreta del Piccolo Bosco.
Degna di nota la presenza di due specie erbacee rare: la Corthusa Matthioli, una primulacea con poche stazioni sul versante meridionale delle Alpi, e la Menyanthes Trifoliata, caratteristica delle zone con acqua stagnante, un tempo largamente diffusa nelle risaie del Piemonte ed oggi praticamente scomparsa. L’interesse per la sua presenza nel Parco deriva dalla eccezionalità della quota a cui si trova (2350 m. circa).