Siamo tre viaggiatori, Stefano Mazzotti e Danio Miserocchi, ed il medico di bordo, Emil Tonon, mezzo medico e mezzo naturalista. E quello che vi raccontiamo e il nostro diario di viaggio in Polonia.

Da Cracovia a Witòw, giorno 0.

I tre viaggiatori il 18 luglio Annus Domini 2017 sono giunti in Witòw, spinti da un irrefrenabile ardore di scoperta, anelando la visione selvaggia di bisonti e foreste montane. Tutto il pomeriggio e la sera ci siamo esercitati con le molteplici consonanti del polacco. Con ardore abbiamo tentato di decifrare tutti i cartelli delle località attraverso cui siamo passati. Ma scarso successo: un esempio per tutti, koniec non significa” cavalli”, bensì “fine”. Alla luce del crepuscolo abbiamo notato le brune foreste di abete rosso.

Giorno 1

Alle luci dell’aurora, dopo una spartana e morigerata colazione… (ovvero una tipica colazione ad orario comodo è che ci ha permesso di non avere bisogno del pranzo) ci siamo avviati impavidi verso le alte ed impervie vette, almeno così pensavamo, e fuori dai circuiti del turismo di massa, partendo dalla valle che nell’idioma locale i nativi chiamano Chocholowska. Per scoprire che in realtà le tanto agognate ed un’esplosione vette sono molto apprezzate da innumerevoli schiere di indigeni. Difatti, ingressi e parcheggi a pagamento testimoniano la volontà di arginare il troppo turismo, facendolo diventare una fonte di reddito. I dintorni, con un sentiero dapprima dal dolce declivio e dall’agevole fondo, ci avrebbero condotto ad aspri declivio e da natura selvaggia. Circondati da turisti festanti, ma comunque rispettosi dato che l’ordine e la pulizia del sentiero erano evidenti, siamo arrivati molto vicino al confine slovacco. I boschi, praticamente monifitici di abete rosso, sono falcidiati al momento da un morbo, col quale determinerà una selezione vantaggiosa per le latifoglie. L’alta valle di Chocholowska, erta e verde, con vegetazione erbacea rigogliosa, ha ripagato i nostri sforzi, soprattutto grazie all’animale più peculiare che abbiamo incontrato oggi: non l’agile camoscio, dominatore delle vette, ma un bavoso Limax, dall’inconsueto ceruleo colore.

L’edilizia tradizionale degli abitanti del luogo si basa sull’utilizzo di grossi tronchi di Abies alba, noto come Smerk nel dialetto locale. Sarà questo utilizzo millenario ad aver agevolato i boschi di conifera, ora insidiati da riscaldamento globale, inquinamento, come il sale contro il ghiaccio nelle strade, ed insetti corticicoli con relativi miceli. Per il ritorno, abbiamo altresì deciso di affidarci alle mani sapienti di un cocchiere locale, ed alle zampe nerborute del suo baio destriero. Con voce stentorea, impartendo ordini al cavallo ed ai pedoni, siamo giunti alla massima velocità, a destinazione, per poi cenare a base di Pierogi al ristorante Witowianka.

Tatrzanska kotwica, un ottimo B&B a gestione familiare, in cui si può, in ambiente rilassante e piacevole, parlare inglese ed apprendere informazioni sempre utili sui dintorni.

Mangiare

Locali a Witòw, con cucina tipica, con Pierogi, sorta di ravioli con ripieni vari ed appetitosi.

Consigli in Zona

Relax escursionistico

Lascia un commento