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Questa volta sono in Grecia, atterrata a Cefalonia in un gruppo di undici persone con cui: mangiare, dormire, spostarmi… gravoso solo il...
Questa volta sono in Grecia, atterrata a Cefalonia in un gruppo di undici persone con cui:
- mangiare,
- dormire,
- spostarmi…
gravoso solo il pensiero!
La pesantezza scompare con il passare delle ore grazie a un contatto che lentamente diventa relazione.
CEFALONIA è per me il gruppo: non amo sostarci troppo, è una mia naturale connotazione, assaggio situazioni, ma non ci permango, mi trattengo fintanto che l’altro risuona in me, poi ho necessità di allontanarmi.
Alle spalle una scia bianca che solcando l’acqua blu disegna una strada: è l’acqua mossa dal traghetto in movimento verso Itaca; un’isola poco abitata, piuttosto visitata, a picco, con picchi, bella da vedere, difficile da vivere.
Itaca mi evoca, in essa si aprono spiragli di paesaggio inatteso, commistioni di arte, cultura, folklore, ma anche un senso dell’incompiuto; la percepisco come un’isola che ha avuto molto, ma ha perso pezzi, strada facendo.
I pezzi perduti sono ancora presenti, li respiri, li percepisci, sono diventati suggestioni, ma solo per chi riesce a coglierle.
Da Itaca guardo Cefalonia che è sullo sfondo, ma non troppo lontana; solo ad Itaca ho ritrovato una me stessa frammentata che sta ricomponendosi dentro.
ITACA e CEFALONIA: l’una non esiste senza l’altra, così come non esiste l’unità senza i suoi singoli frammenti.
Barbara Balducci
Photo Credits Laura Antoniolli